CALABRIA

“U Ballu du Camiddu”, la danza di fuoco che accende l’anima di Bova

Un rito antico che ogni agosto trasforma il borgo grecanico in un teatro di luce

 

A Bova il Ballu du Camiddu è attesa e vertigineLa piazza trattiene il fiato quando cala la sera, la banda inizia a stringere il tempo, i tamburi richiamano la gente dalle stradine del borgo. Poi spunta lui: un animale dall’anima di canne e fuoco che sembra fragile e invece si muove con forza, guidato da chi gli dà vita nascosto all’interno. Prima un incedere lento, poi la corsa, mentre i primi botti aprono la danza.

La notte si trasforma in scintille.
C’è chi legge in questo rito la memoria di antichi nemici scacciati, chi vi riconosce echi di tradizioni arrivate dal mare. Il Camiddu è visto come evocazione della liberazione dalle incursioni turche e saracene che per secoli devastarono la Calabria.

Le cronache raccontano di attacchi violenti a Bova e nei borghi della costa: incendi, saccheggi, intere comunità costrette a rifugiarsi nell’entroterra. Il Camiddu, costruito di canne e acceso di fuoco, diventa così figura dell’invasore, un corpo estraneo che entra in scena e che la danza finisce per consumare. Quando l’animale esplode tra botti e scintille, non è soltanto spettacolo: è il ricordo di una liberazione antica, trasformato in rito che ancora oggi ripete, ogni estate, la vittoria su chi provò a spegnere queste terre.

Una tradizione che Bova si tiene stretta come segno di appartenenza, non per la disputa sulle origini, ma perché in quelle fiammate riconosce se stessa. È un linguaggio che unisce generazioni: i più anziani che insegnano a costruire l’animale, i giovani che imparano a muoverlo, i bambini che lo guardano come fosse magia.

La musica detta i movimenti, gli strumenti della centenaria banda municipale di Bova dialogano con il passo del Camiddu, e la struttura prende ritmo. I fuochi esplodono lungo il corpo: testa, fianchi, spalle, fino alla coda che ruota vorticosa. Ogni colpo di luce strappa un boato, ogni giro accelera il cuore della piazza. È un teatro arcaico e insieme attualissimo, fatto di mani, ingegno e sudore.
Intorno scorre il calendario d’agosto, con l’Assunta e San Rocco a scandire giornate di processioni e rientri da lontano. U Ballu du Camiddu arriva come epilogo di festa, incrocio di devozione e spettacolo.

L’animale corre, si ribella, viene domato e alla fine si consuma tra applausi e abbracci. Un finale che libera energia, come un sigillo luminoso sull’estate bovese.
Quando l’ultimo botto si spegne, resta nell’aria l’odore acre della polvere da sparo, le pietre che riflettono ancora i bagliori, le voci che non si placano. È lì che Bova ritrova la sua immagine più vera: un borgo che tiene viva una danza di fuoco capace di attraversare i secoli e di parlare ancora oggi a chiunque la guardi, senza bisogno di spiegazioni.

Fonte: ilreggino.it

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